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Tangone o non tangone?

Postato su 18 Novembre 2019 da Paolo Casoni

di Beppe Minello

“Tangone o non tangone?” ecco il lungo rovello shakesperiano del parmense Paolo Casoni, 62 anni, chirurgo cardiovascolare ma sopratutto skipper di “Ariel”, superbo e pluriaccessoriato “Hallberg Rassy” di 53 piedi (17 metri). Dubbio risolto dopo 48 ore dalla partenza dell’Arc Plus da Las Palmas (Canarie). Con qualche tentennamento, sia a prua, sia a poppa, dell’appassionato equipaggio (due ex-piloti, un consulente finanziario e un giornalista all’alba della sua pensione) ma poco avvezzo a manovre così complicate, lo shakesperiano tangone è stato armato a tribordo (a destra) di “Ariel”.

Il lungo braccio in carbonio che parte dall’albero per tenere aperto il Genoa, la grande vela di prua, permetterà di sfruttare al meglio il vento che le previsioni danno un po’ in discesa rispetto ai 30-40 nodi dei due giorni appena passati a solcare l’Atlantico.

Una faticaccia – “Sempre meglio che lavorare” dirà qualcuno – fatta di poche e disordinate ore di sonno e cibo obbligatoriamente freddo e quasi sempre solido che, però, è stata ampiamente ripagata. Nel corso del check radio mattutino, quando l’organizzazione dell’Arc fornisce le posizioni raggiunte dalle 95 barche che stanno andando a Capo Verde prima di puntare vero Santa Lucia ai Caraibi, “Ariel” è risultata prima della sua categoria, quinta prendendo in considerazione tutte le barche e undicesimi se si considerano anche  i velocissimi catamarani. Rispetto al primo controllo è un salto di nove posizioni , segno che la tattica seguita da “Ariel” (riuscire a “costeggiare” il forte vento che s’incanalava tra le Canarie invece di puntare verso un mare più addomesticato ma più lontano dalla meta) è stata quella che ha pagato di più.

Nessuno degli skipper (sono oltre 400 con quelli che partiranno domenica diretti anche loro ma senza deviazioni ai Caraibi) ammetterà mai di stare facendo di tutto per vincere. Sì, certo, qualcuno è sincero e realmente disiteressato alla competizione. Tra loro, certamente gli equipaggi di barche che battono bandiera statunitense e canadese. Molti di loro sono pensionati che hanno navigato in lungo e in largo in Mediterraneo e ora vogliono tornare a casa. C’è chi si fa aiutare da amici, altri dai tanti giovani e meno giovani che hanno tappezzato il porto di Las Palmas, lavanderia compresa, di manifestini con il loro curriculum, foto e che si propongono come membri dell’equipaggio.

Il resto dell’allegra flotta, già a poche ore dalla partenza s’è trasformato in una grande famiglia, tutti in contatto con tutti e l’organizzazione dell’Arc a vigilare su ogni barca per intervenire in caso di problemi.
Per dire, su “Ariel”, tra quelli della barca e dei singoli componenti ci sono 4 telefoni satellitari oltre a tutto l’armamentario classico per comunicare con il mondo, dal VHF alla radio SSB. La prima chiamata del mattino su Ariel è arrivata da Parma. All’altro capo del telefono, Cecilia Silva, la moglie di Casoni e sua seconda in tutte le traversate atlantiche fatte dal chirurgo-skipper e raccolte in un libro: “Atlantico, andata e ritorno” (ed. Nutrimenti mare). La coppia si ricomporrà ai Caraibi da dove poi raggiungerà il Pacifico passando dal Canale di Panama. Telefonata con la quale la donna ha anche raccontato al marito, interista convinto, che la Juve aveva battuto il Milan.

Attraverso le radio di bordo passa tutto. L’altra sera, Casoni, che contribuisce con le  sue competenze mediche al servizio “Doctor on board”, ha risposto alla richiesta d’aiuto arrivata da una barca statunitense con a bordo una bambina di 7 anni (sono 30 i bambini imbarcati sulle vele della Arc) sconvolta dal mal di mare. Poco prima, con un allarme generale, tutti si erano preoccupati per un catamarano che sosteneva di aver perso un pala del timone. Per fortuna non era così e l’allarme è presto rientrato lasciando in tutti la confortante certezza che là fuori non siamo soli.

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