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Oceano Pacifico centrale – Il giro del mondo ai tempi del Covid19

Postato su 25 Marzo 2020 da Paolo Casoni

25 marzo 2020
posizione 15°38′ sud  145°16′ ovest

Finalmente due giorni con un cielo non immaginabile nella sua bellezza. Un’opera d’arte infinita della natura. Il cielo dei mari del sud.  Nonostante le calme di vento che si mescolano a brezze delicate procediamo lenti in una dimensione nuova verso Tahiti (Papeete).

Ieri sera il più bel tramonto della vita, che ha superato in classifica quello del “Golfo” di Lanzarote. Ciò che ci ha ammaliato per ore è stato il rilievo, tutto appariva come un immenso quadro vivo. L’esplosione dei colori quando la palla infuocata si è tuffata in mare sembrava non finisse mai ,mentre il vento non superava i 4 nodi, e noi con randa, genoa e yankee procedevamo di bolina larga a 3 nodi, apparentemente immobili nel mezzo del quadro per scivolare nella notte, piano piano, in un silenzio surreale, perché anche lo scivolare dello scafo sull’acqua, così lentamente, produceva una musica cui non siamo abituati, perché mai navighiamo a vela con 4 nodi di vento, e non abbiamo mai potuto apprezzare tutto questo ed anche lentamente, ma inesorabilmente Ariel prosegue la sua corsa verso ovest. Stiamo facendo rotta verso le Tuamotu, le prime vere isole che ricordano i mari del sud; non montagne verdi vulcaniche, ma 77 atolli corallini sparsi per centinaia di miglia. Si attraversano facendo rotta diretta dalle Marchesi a Tahiti. Abbiamo studiato un passaggio sicuro tra due atolli, distanti 6 miglia, che attraverseremo in pieno giorno, e pure senza potersi fermare, (ieri un decreto con effetto immediato del governo polinesiano ha posto, il divieto di navigazione, ancoraggio, sosta, balneazione, diving ed ogni attività acquatica possibile fatta eccezione per le barche in transito della World ARC e di un’altra regata transoceanica, fino a che non raggiungano i porti a loro destinati)  almeno potremo incastonare nella nostra retina qualche immagine di una parte del paradiso. Questa è la parte più assolata del Pacifico, e meno male, perchè di pioggia e temporali eravamo già sazi. Le Tuamotu fanno parte sempre della Polinesia Francese, e tutte le cartoline o le immagini che mostrano lagune turchesi e spiagge coralline contornate da palme sono prese da questi luoghi. Geologicamente nasceva l’isola da violente eruzioni vulcaniche, però la lava continuava a sgorgare liquida facendo sprofondare la parte centrale, fino a lasciare la cornice esterna (bordo o reef) ed una laguna interna (caldera), il tutto a livello del mare, i cui abitanti nei secoli, ne hanno fatto dimora.

Oggi l’economia si regge sul turismo e sulla pesca, mentre negli ultimi 50 anni erano diventate famose per la coltivazione della perla, ma dopo l’avvento della plastica a sostituire i bottoni di madreperla ed il crollo dei prezzi, una attività così affascinante è stata relegata solo a pochi atolli, come Manihi, dove esiste una delle due stazioni radio SSB del Pacifico. Poi i missionari cristiani avviarono la produzione della copra, ma portarono le malattie, e le popolazioni indigene furono decimate; questo resta nella memoria, forse, ed è uno dei motivi per cui in tutto il Pacifico si avverta in terrore si possa solo parzialmente diffondere il virus, sarebbe una strage date le strutture sanitarie molto precarie. Con queste premesse  passiamo tra queste sperdute isolette e non ci è consentito fare sosta, un regalo del Covid. Ma la situazione planetaria di controllo della diffusione virale pandemica a macchia di leopardo, chi con molta attenzione (Cina, Italia, ed ora Oceania), chi con sufficienza (USA, GB e Spagna)ha creato condizioni di isolamento, indispensabili per arrestare la diffusione, e forse eccessive, sebbene comprensibili, anche tra gli atolli. Ma cosa sta regalando a noi questa esperienza? Solo isolamento e abbandono? Abbiamo ricevuto notizie allarmanti, come di un coprifuoco ed una richiesta quasi dittatoriale di lasciare la barca in tutta furia e fuggire con il primo aereo, come se fossimo appestati. Questo accadeva già 10 giorni fa, quando l’ARC ha decretato la impossibilità di continuare, che ogni competizione o classifica, o graduatoria era finita, ed ha trasmesso un teorico “si salvi chi può”, invitando a raggiungere prima Hiva Oa, poi Nuku Hiva, poi Papeete, senza calcolare quale eco inviare messaggi terroristici può avere su equipaggi che sono in mare da 20 gg, che stanno razionando il cibo, il gasolio, l’acqua, e magari con qualche avaria, come Sapphire of London, la ammiraglia della flotta, una bellissima barca di 21 metri, con il motore fuori uso, oppure Celtic Star, una barca di serie, meno blasonata, di 46 piedi che ha avuto una avaria importante e sarà costretta a fermarsi a Hiva Oa nonostante i teorici divieti. Noi di Ariel, una volta cessate le competizioni e la necessità di seguire le posizioni di chi hai davanti da inseguire, o dietro per non farsi raggiungere, è come se la tensione mollasse, dove il tuo traguardo, sia pure immutato, assume contorni più sfumati e rilassati, e come per magia ci si riappropria, anche qui, del tempo; una dimensione nuova, in teoria nota, ma mai davvero sperimentata nalla pratica. Il Covid ci ha regalato questo, ci ha rallentato, sono finiti i tempi da rispettare, le 170 miglia nelle 24 ore come assoluto e necessario traguardo per non perdere acqua, il motore che ci deve aiutare se si va troppo piano.

Dobbiamo raggiungere Tahiti, ma non abbiamo nessuna competizione, e sentiamo nelle vene il piacere della navigazione pura, solo a vela, incuranti della velocità, ma solo della sicurezza e del senso di profondo benessere che ci assale, nonostante tutto. Siamo soli, senza ARC, senza altre barche se non sporadici contatti con gli amici di MIlanto, o con Skyelark, o MarjaII dove si parla di ciò che si potrà fare dopo, dove andare, come andare, ma finché non potremo confrontarci davvero con le autorità, non lo potremo sapere, e per questo non c’è però alcuna pressione. Quindi procediamo solo a vela, eccetto una giornata di assoluta bonaccia per cui abbiamo chiesto aiuto al nostro Oliver, ma piano piano, a 1000 giri, per non consumare il gasolio, più utile per il generatore a darci acqua, che non per la propulsione. Dimensione assoluta. Diversa. Navigare non sarà mai più uguale a prima, abbiamo fatto un salto di livello,  stiamo davvero comprendendo l’essenza, e con questo apprezziamo ancora di più la grandiosa autonomia di Ariel, che con il giusto approccio potrebbe portarci ancora più lontano, in un viaggio infinito, limitato dalle tue esigenze e non da una regata. Ora le limitazioni vengono dal Covid, e davvero non sappiamo cosa sarà di noi un volta a terra. Una mail della sezione governativa del marina di Papeete ci invita a comunicare il giorno e l’ora di arrivo (con elasticità perché dipende dal vento), a compilare un modulo che ci invieranno, ed a produrre una dichiarazione del buono stato di salute dell’equipaggio, in quarantena dalle Galapagos. Produco ciò che richiedono ed apprendiamo che l’ultimo volo per l’Europa sarà il 28, quello di Maurizio e Beppe. Una data giusta anche senza dover correre. Siamo in tempo per lasciarci portare dal vento e da questo oceano, caleidoscopico, mai uguale a se stesso, ed ora più amico, perché siamo entrati in simbiosi. Questo un altro passaggio, ed è accaduto più o meno dopo 8 volte che mettiamo la prua in un oceano. Un percorso come la vita. Un altro passo verso la maturità? Mah! L’oceano ti chiede umiltà, pazienza, perseveranza, tenacia, a volte ti strema, ti chiede di più, sempre di più, però ti vuole silenzioso, senza inutili lamentele, per promuoverti e ripagarti con molto di più di quello che ti ha chiesto o che ci chiederà. Certo che avere percorso quasi 4000 miglia ed avere come risposta questa consapevolezza dall’oceano è davvero uno step grandioso. C’è il desiderio di arrivare, è chiaro, ma più per esigenze di cambusa che non d’altro. Probabilmente se ci strutturassimo in modo adeguato non per una traversata di 20 giorni, ma di 3 mesi, la potremmo affrontare serenamente. Ma un passo alla volta.

Di ciò che sarà dopo Papeete lo scopriremo dopo l’arrivo, ogni congettura ora è prematura e utile solo per analizzare le varie opzioni disponibili alla luce della chiusura a riccio di tutti gli stati del pianeta, e forse è proprio noi siamo dentro ciò che è più sicuro e certamente covid free, Ariel in oceano.

Ariel ci porterà a casa.

Postato in Notizie
World Arc, coronavirus e la nostra odissea
Vita a Papeete

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