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CAPO VERDE – SANTA LUCIA: SI PARTE

Postato su 23 Novembre 2019 da Paolo Casoni

Sosta a Mindelo e ripartenza della ARC plus per S. Lucia

Si parlava del vento, padrone incontrastato degli spazi oceanici, che insieme al suo amico oceano mare regolano la vita dell’uomo. Senza il vento non ci sarebbero stati navigatori e nemmeno le scoperte di nuove terre, e nemmeno i traffici commerciali che di fatto hanno perpetuato la necessità dell’uomo, abile trasformatore della conoscenza di nuove terre in affari commerciali. E’ sempre il vento però che decide. Dico questo perchè alla quinta traversata oceanica (ognuna diversa dall’altra) è la prima volta che percepisco così forte l’importanza del vento come inesauribile motore energetico del tutto. Non sempre un passaggio oceanico è da manuale di navigazione come si sta rivelando questo, dalla partenza da Giblterra, fino ad oggi. Mai avevamo sperimentato così intensamente l’energia vitale che ti infonde l’aliseo, quello vero, quello che da 20  giorni, in mare o in terra ti spettina ma ti permette di avanzare da un orizzonte all’altro. Ma della traversata e delle giornate a bordo parleremo poi, anche se devo dirlo, qui, nel cuore di Ariel, manca l’altra parte di me, che non è l’altra metà, ma l’altro intero, ciò che completerebbe e renderebbe perfetti questi giorni, la mia Ceci.

 Ma torniamo ai capoverdiani, ed alle loro terre. Mindelo è la capitale di Sao Vicente, perchè la natura ha creato un ansa-rifugio dalle onde oceaniche permettendo l’approdo delle navi. Sebbene isola piccola, da lì è partito il tutto. Si visita in mezza giornata, però è uno spaccato in miniatura di cosa sia “Capo Verde”.  Ancora oggi tutti si chiedono come mai le abbiano chiamate così che di verde. ad una prima occhiata, hanno davvero solo il nome. Beffa ulteriore, l’unico monte di sao Vicente l’hanno chiamato Monte verde: ma poi abbiamo capito perchè. Brulla ed arida oltre l’immaginabile, dove nemmeno una capra vorrebbe stare, gli indigeni hanno pensato di importare l’albero di acacia, che ha bisogno di poca acqua, e forma intrecci di radici che lo rendono pianta robusta, ma alla lunga scomoda, con caratteristiche quasi infestanti dato che si autorigenera, diffondendosi a macchia di leopardo con il solo aiuto del vento. Ma almeno ha comiciato a donare a qualche valle qualche pennellata di verde.

Con l’acacia è arrivata anche un pò di ombra, poi le api, le capre, e la vita ha iniaziato ad addolcire i tratti di una cayenna. L’altro problema che è stato ed è a tutt’oggi fulcro dell’ingegno del capoverdiano è la mancanza di fonti naturali di acqua. Non si sa perchè ma mentre a Madeira o alle Azzorre sono presenti sorgenti di acqua, qui a sud non esistono, in nessuna delle 10 isole. L’unico approvvigionamento di acqua non salata è dato dalle nubi; ma non si tratta di raccogliere l’acqua piovana (fatto che peraltro qui fanno in modo ingegneristico e molto efficace, ma ve lo spiego dopo), ma di assorbire l’umidità delle nubi. In montagna, dato che ogni isola ha almeno una montagna i cui picchi perforano le nubi, hanno inventato e costruito pannelli assorbenti con reti intrecciate tipo juta e con altre piante, tra cui i rami di acacia, per cui la nube cede acqua che viene poi raccolta in canali di irrigazione: e così sono arrivate le coltivazioni. Il modo di non disperdere l’acqua piovana, a parte le consuete vasche o i tetti a terrazza che vediamo anche nel nostro sud, qui hanno sfruttato il concetto del labirinto, invitando l’acqua a percorrere sentieri labirintici di pietra (materiale che non manca sulle isole) con l’intento di rallentare la discesa a valle, e quindi la sua perdita,  ma soprattutto di fare fede a ciò che è il fine ultimo del labirinto, quello di non farla uscire!

Da qui si sono potute creare zone talmente ricche di acqua, che unite alla fertilità che un terreno vulcanico ha per definizione, tanto da poter iniziare una coltivazione seria non più di sole acacie, ma di canna da zucchero, viti, banane, mango, papaia, albero del pane, Manioca, così da raffigurare zone delle isole a tipo foresta pluviale, ed altre aride pietraie, ed altre invece con dune sabbiose e spiagge selvagge, dando forza e spazio alla pesca ed alla costruzione di saline.

Il primo messaggio che ricevemmo prima di approdare era: isole della semplicità e dell’essenza. E’ vero, ed aggiungo della dignità. La caparbietà di questo popolo, che non ha nulla di indolente, ed è bellissimo sapere che la popolazione sotto il 30 anni è la maggioranza, che continuano a crescere e su un milione di capoverdiani, la metà è in giro per il mondo a studiare o semplicente a vivere altrove, ma chi torna, e molti tornano a casa, lo fanno portando qualcosa di nuovo da restituire alla loro terra. Isole dove ci ha colpito la pulizia, il decoro e la scarsa  invadenza, sebbene vivano nella povertà.  Ma povertà senza squallore. E’ il superfluo che in realtà annebbia e rende alla lunga indolenti e porta l’uomo ad essere prigioniero di se stesso, un vero finto uomo libero.

La pietra: cosa può fare l’uomo che nasce in una pietraia? Oltre a piantare acacie e cercare di intrappolare l’acqua? e farsi le case di pietra? Come facevano i romani, che hanno insegnato a tutti, “acciottolare”, ovvero fare le strade. Anche oggi, alle soglie del 2020, le strade a capo verde sono fatte e mantenute come mosaici, ovvero acciottolate per chilometri. C’è un lavoro, quello del manutentore della rete stradale, perchè il nemico delle strade a mosaico così detto “a secco” è la pioggia, pertanto in periodi più secchi, da marzo a novembre, si riparano le strade.

Ma torniamo alla realtà: Ora è il 23 novembre, sabato, sono le 0700 ed abbiamo percorso 300 miglia esatte dalla partenza, e ne mancano a S Lucia 1790, stiamo navigando con 20 nodi di aliseo a 150 gradi a dritta, con gennaker e genoa tangonato ad una media di 8 nodi. Abbiamo nei serbatooi ancora il gasolio di Gibilterra, con un rabbocco a Mindelo per partire comunque con il pieno, ma abbiamo usato il motore solo per entrare ed uscire dal porto. In totale fino ad ora 2000 miglia spinti solo dal vento. Un record per Ariel.
L’alba va vissuta con il caffè!  a domani. Paolo & Crew

PS: stamani arriva Renzo (“velista” fiorentino) in dinette alle 0645 ” Buon giorno Renzo!” “Buon giorno, che fa piove? sento un rumore come di acqua piovana, oppure stiamo ancora navigando? ma non ci si ferma mai? maremma!”

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