Oceano Pacifico
20 marzo 2020 ore 0500
posizione 10°31′ sud 134°09′ ovest
meterologia irrequieta, con un fronte perturbato che ci segue da ieri pomeriggio con sbuffi di vento il fortre i 30 nodi, pioggia a volte torrenziale, opure più lieve, ma costante, nonostante il forte vento.
Situazione molto diversa dal fratello Atlantico, meno perturbato su larga scala; Pacifico in questa notte solo di nome; ma lo sapevamo, più si va a d ovest e più sarà facile incontrare piogge, temporali, che saranno inframmezzati da sole tropicale, almeno ce lo auguriamo. Tutto dipende dalla temperatura dell’acqua all’origine del Pacifico, se alta o più alta dell’anno precedente, ci si aspetta un anno così detto con un Nino pesante, il che significa piogge persistenti nella nostra strada verso l’Australia, viceversa un Nino debole, quando le temperature si stabilizzano e la corrente di Humbolt mitiga l’innalzarsi delle temperature, allora si può prevedere un anno con una condizione climatica del Pacifico centro occidentale più mite e confacentre, ma anche all’immaginifico dei famosi “Mari del Sud”. Quest’anno i modelli davano in ottobre un Nino debole. Noi navigatori non possiamo far altro che prendere atto e procedere verso ovest di fatto prendendo quello che la natura ci offre.
Cala il sipario sulla World Arc.
Purtroppo non è solo con la metereologia e con il mare che ci dobbiamo confrontare, ma anche con la pandemia da Covid 19, un minuscolo virus, peraltro debole, che non resiste ai comuni disinfettanti e nemmeno a 20 secondi di acqua e sapone, che diventa debole alle alte temperature, e può sopravvivere solo su superfici metalliche e fresche. Un grande rompicoglioni insomma, che sta mettendo a soqquadro l’intero pianeta, soprattutto perchè sono mancate le corrette ed univoche informazioni alle popolazioni, che ne hanno ampiamente sottovalutato i potenziali effetti. Il risultato ognuno lo sta sperimentando a casa propria, come noi, nella nostra casa galleggiante. Il problema per noi è che il governo della Polinesia Francese ha decretato che i confini di mare e d’aria sono chiusi da ieri 19 marzo 2020, che noi naviganti in flottiglia non siamo bene accetti presso di loro per il rischio teorico di introdurre il virus. La Polinesia non si può permettere di gestire una infezione di massa per le carenti strutture sanitarie in tutte le isole.
Polinesia Francese vuol dire Marchesi, isole Tuamotu, Isole della Società, le nostre prossime tappe. Pare che anche gli altri governi locali, quelli delle Tonga, delle Fiji e delle Cook si allineino sul ritenere potenziali pericoli sia chi arriva via mare che via cielo. In pratica cosa succede?
La organizzazione World Arc, alla quale 34 equipaggi da tutto il mondo si sono affidati per compiere questo “viaggio della vita”, ci abbandona, letteralmente al prossimo scalo, che peraltro è stato modificato prorpio ieri, da Hiva Oa a Nuku Hiva. Infatti sarà consentita una sola sosta alle Marchesi, e le autorità hanno permesso di ancorare solo a Nuku Hiva per le pratiche doganali di ingresso e per i rifornimenti necessari dopo 20 giorni di mare. Siamo considerati Covid free in quanto la nostra navigazione è stata paragonata ad una effettiva quarantena, però non ci sarà più possibile procedere con le tappe programmate dalla World Arc. QUindi fine dei giochi. Ognuno penserà per se. La unica possibilità che ci offrono è quella di navigare fino a Papeete (altre 1100 miglia) senza soste intermedie, e lì, per chi lo ritenesse, lasciare la barca e tornare a casa e se ne riparlerà , forse, tra un anno. Capiamo che organizzare gli spostamenti di 34 equipaggi con le autorità che remano contro e che non offrono più la ospitalità programmata non costituisca elemento di facile gestione, però anche sentirsi letteralmente mollati al proprio destino in mezzo al Pacifico, dove di fatto nessuno ti vuole, non è proprio piacevole, ma trasformeremo una apparente avversità in una grande opportunità.
Di fatto siamo navigatori e la scelta di affidarsi alla World Arc è legata al fatto che ogni aspetto burocratico (leggi le clearance di ingresso in luoghi difficili come le San Blas o le Galapagos, l’organizzazione del passaggio del Canale, quest’anno molto complicata), così come l’organizzazione degli approdi, dei marina, delle varie ed innumerevoli complicazioni che un viaggio per mare comporta, avere un operatore che ti prende una cima quando arrivi dopo 1000 miglia, così come condividere aspetti di pura regata, e conoscere equipaggi di ogni angolo del pianeta è cosa molto apprezzata. Ora però tutto questo è finito. A tutta prima la sensazione è quella dell’abbandono e come tale ha i consueti risvolti psichici dell’umana natura, come faremo, dove andremo ecc. il tutto complicato dal fatto che pare che ad ogni eventuale scalo vengano richieste due settimane di quarantena, prima di scendere a terra. Ma in realtà si apre un nuovo scenario, quello del vero navigatore, che senza programmi preordinati viaggia in totale autonomia verso luoghi davvero sperduti e lontani, facendo riferimento solo ai libri o ai diari di altri che lo hanno già fatto, o che lo stanno facendo, da soli, proprio come noi da domani in poi.
Questo è affascinante, il viaggio nel viaggio, l’avventura che da programmata diventa selvaggia, forse più autentica, e che da qui all’Australia o alla Nuova Zelanda (a questo punto non avendo più rotte ed apppuntamenti prestabiliti ogni meta è possibile) certamente avremo il modo di esplorare e conoscere. Per ovviare alla richiesta di “quarantenaggio” obbligatorio, cosa meglio della propria barca per garantirlo? Nessuno può impedire ad una barca di navigare o di ancorare in un atollo, dato che siamo una isola “covid free”, se manteniamo rotte e destini in atolli sperduti covid free, il problema non c’è. E sarà così che ci muoveremo. Ora la prima tappa si è allungata di 80 miglia, perchè andremo a Nuku Hiva, isola più grande della precedente Hiva Oa, con una baia protetta che accoglierà tutti gli equipaggi e dove staremo una settimana circa, prima di puntare la prua verso Tahiti, e nel frattempo penso ci uniremo in una piccola flottiglia di Italiani, noi, gli amici toscani Valerio e Lorenzo di Milanto, (che tra l’altro hanno un contatto con la trasmissione radiofonica Caterpillar ogni settimana e che certamente avranno modo di informare gli ascoltatori delle novità e soprattutto del futuro di questa avventura), e l’amico Giuseppe Lasalandra (Pino) albergatore romano di Laura IV, il grande catamarano che avevamo vicino a Las Palmas. Vi aggiorneremo presto, e presto sul sito, non appena in odore di wifi (perchè uno dei nostri satellitari più affidabili – inmarsat – non legge più i satelliti ed era l’unico in grado di consentire l’invio di immagini al nostro sito – www.arielhr53.com -) inoltreremo le foto più significative di questa traversata e dell’arrivo a Nuku – Hiva.
a presto da Ariel