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Sogni e ritmo sonno-veglia: navigare è equilibrio

Postato su 2 Dicembre 2019 da Matilde Casoni

DOMENICA 1 DICEMBRE 2019
ore 15,10 local time.
Ieri abbiamo cambiato orario a bordo, ancora un’ora indietro aiutati dal sestante che ci ha dato il mezzogiorno esattamente alle 13,03 dei nostri orologi.

Miglia percorse da Mindelo 1640, mancanti a S. Lucia 447

una due giorni all’insegna della turbolenza meteorologica legata alla coda di una tropical wave che ha destabilizzato l’aliseo. L’abbiamo gestita con frequenti cambi di vele, passando dallo SPi a randa con due mani e trinchetta, ovvero dai 12 nodi in poppa ai 30 nodi al traverso; oggi è partita come una giornata stupenda, con un cielo azzurrissimo e pochi batuffoli, una ripresa di vento non ancora ritornato aliseo da NE, sempre della famiglia delle tropical waves, quindi da SE, ma buono e generoso: poi passando le ore il cielo ha ripreso ad annuvolarsi ed ingrigirsi ed il vento a diventare più nervoso ed instabile; ma Ariel non se lo fila e corre come una lepre. Siamo invelati con genoa tangonato a sinistra, tutta randa a dritta, adeguatamente ritenuta da Waldemor (ritenuta nuova e diabolica) e dalla Baby (ritenuta storica), mentre ho avuto l’idea, trovando uno spiraglio di barca dove una vela avrebbe potuto essere utile, di inferire anche la trinchetta, mure a sinistra: Ideona. Prua più stabile, meno rollio e mezzo nodo secco guadagnato. Oltretutto con questo nervosismo di aria e mare, meglio avere tante vele piccole che una grandissima. Molto più gestibile in caso di aumenti do forza repentini.

Lottiamo in questa regata con barche più grandi di noi vincendo senza fatica, mentre un equipaggio di giovani tedeschi con una barca più piccola ma veloce, non ci danno tregua, non riusciamo a distanziarli più di 20/25 miglia, ne prendiamo 2 al giorno. Sono molto molto bravi! In compenso siamo primi in mare della nostra classe, con distacchi su competitor anche blasonati (barca tipo la nostra) di oltre 140 Miglia!

Oggi silenzio stampa, il comitato di regata non ha inviato le posizioni, non so se perché è domenica o per un difetto del sistema, che già ieri e l’altro ieri aveva dato segnali di ingorgo, infatti arrivavano poi mail di chiarimento da parte della ARC Control. In ogni caso oggi non sappiamo nulla di chi ci insegue, ma sappiamo che stiamo raggiungendo una barca di 20 metri che si chiama La Rebeldia de Ulysses, una North Wind 68 (stupenda) spagnola fino al midollo, capitanata da Juan Josè Garcia-Egocheaga (me lo figuro con bandana e capello corvino adeguatamente brillantinato), poi vi dirò. Comunque li stiamo prendendo, anche se non sono nella nostra classe.

Ieri sera a cena nonostante lo chef della Taverna sull’oceano si fosse prodigato a produrre una omelette stile casero, con lenticchie di Castelluccio e per finire l’ultimo spicchio di Parmigiano Reggiano, abbiamo capito che abbiamo bevuto meglio di quanto non abbiamo mangiato, oltretutto un po’ disturbati dalla irrequietezza dell’oceano, ma alla fine ci ha lasciato in pace, ed abbiamo terminato poi con ananas e un Cava di Murcia (un Brut spagnolo non male), tutto per dare fiato alle nostre lunghe chiacchierate e per festeggiare i calcoli di Meridiana con il sestante, che sono sempre più precisi (oggi 15°04′ il GPS e 15° 05′ la risultante dei miei calcoli), ma a parte questo è di sogni e di ritmi che si parlava ieri sera.

Perché quando si naviga in oceano ad una apparente fatica e grande sovvertimento dei normali ritmi terrestri che ti colpiscono come una frusta per i primi due giorni e richiedono calma e pazienza, movimenti lenti e misurati, un’alimentazione scarsa e calibrata, ma poi, al progressivo adattamento, subentra un costante stato di benessere, che si consolida nei giorni, pur senza comprenderne appieno le motivazioni. Se partiamo dal concetto di ritmo, il navigare è ritmico si per sé, quindi entriamo in un “ballo ritmico” che viene percepito da tutti i nostri sensi, soprattutto la vista: il solo osservare la massa liquida che si muove e ci muove, ha effetto rilassante ed ipnotico.

Bernard Moitessier nella lunga rotta (una volta e mezzo il giro del mondo senza scalo in solitario) racconta e analizza in modo molto preciso le risposte del proprio corpo al solo navigare, tralasciando tempeste o situazioni potenzialmente stressanti, ed arriva alla conclusione che l’equilibrio fisiologico che ogni apparato raggiunge arriva ad avere finalità terapeutiche.

Il primo ritmo che viene colpito dal navigare è quello sonno-veglia. Non si va a letto la sera ci si alza al mattino, si fanno turni di alcune ore di sonno alternati da altrettanti stacchi di veglia. Sorprendentemente, dopo uno-due giorni per i veterani e tre per i neofiti, accade che nei momenti di “sonno”, si cada subito in un sonno profondo, per raggiungere subito dopo fasi Rem, e quindi ampiamente ristoratore e generatore di una progressiva energia al risveglio. D’altra parte Fabrizio ci racconta di come Leonardo Da Vinci fosse solito dormire più volte e per un massimo di due, tre ore. Se penso ad altri navigatori, come Tabarly o Slocum, il comune denominatore dell’equilibrio che si raggiunge navigando parte proprio dal dare al nostro organismo l’opportunità di addormentarsi più volte nell’arco della giornata, totalizzando più o meno lo stesso numero di ore che a casa, però frammentate.

Questa frammentazione porta a sonni più profondi e quindi maggiormente rigeneranti, e con loro una maggiore e più vivace produzione onirica. In barca si sogna di più e meglio. Forse è proprio un ritorno ad origini lontane della vita, però di fatto dopo alcuni giorni in mare i visi sono più distesi, le funzioni fisiologiche si regolarizzano spontaneamente, la mente è lucida e fresca; unica variante del sistema corpo è che dobbiamo inserire nelle attività quotidiane una serie di esercizi corporali per lo stretching ed il mantenimento del tono muscolare. Oggi ad esempio lo chef di turno per il pranzo ha esagerato con la cipolla, non di Tropea, ma di Mindelo, che non so perché, ma ne ho trovate in dispensa una quantità sufficiente forse a tutto il giro del mondo; e da un lato per non buttarle, o forse per paura di incorrere in trombosi (dati i noti effetti antitrombotici dell’alimento),  ci siamo scontrati con una insalata diciamo “importante” che ha minato l’equilibrio digestivo che avevamo perfettamente conservato, per due di noi si trova leggermente in difficoltà  quindi è vero che il ritmo dell’oceano aiuta e ripara, però in certe circostanze forse non basta… il nostro chef del pranzo, per non fare nomi Maurizio, ha avuto il coraggio di dire che domani ce la propina cotta!!!
Questo non credo.
A domani da Ariel Team

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