21 febbraio 2020 – San Cristobal – Galapagos – Ecuador
Atterriamo di notte, una notte nera, costeggiando una terra nera, senza luci se non quelle di ipotetiche imbarcazioni in rotta tra le isole trasportando forse turisti, dato che pescherecci non possono essere, vista la regolamentazione ferrea che regola la pesca in queste acque. Guidati dai sofisticati strumenti di Ariel, procediamo sfilando la costa nord di San Cristobal fino ai miragli ed alla meda che segna una pericolosa secca a nord est, fino alle luci del paese che più che aiutare confondono la vista. Manteniamo l’allineamento con meda a poppa e faro in prua per passare in mezzo ai miragli e fare rotta verso la baia di Puerto Baquerizo Moreno, gimcanando tra le barche ancorate, per trovare il nostro nido, a fianco di Saorsa e dietro al Malò Marie III, fermi e felici mentre la nostra imperturbabile Ceci ci prepara una pasta alla Gricia che ricorderemo.
La notte ci avvolge mentre nel silenzio qualche leone marino fa sapere che siamo a casa sua e che il padrone incontrastato, goffo a terra, ma sinuoso e morbido in acqua, è lui. A volte salgono a bordo perché sono animali curiosi sempre in cerca di un posto comodo dove coricarsi, e le spiaggette delle barche sono un diversivo raro e quindi molto ambito. L’anno scorso su una barca dell’ARC che inavvertitamente aveva lasciato spazio all’ingresso di ospiti di mare, se ne trovarono al rientro dalla cena ben 5 tra pozzetto e tuga. Ci hanno insegnato di proteggere ogni ingresso con i parabordi per evitare non tanto la simpatica compagnia, ma lo sgradevole odore che emanano.
Restano tuttavia animali dolcissimi, la cui conoscenza è inevitabile in quanto sono presenti ovunque sulle battige, sui pontili, per strada. Non è possibile scendere a terra con il proprio tender, che tra l’altro diventerebbe subito parco giochi per i più piccoli leoni marini, ma usare il water taxi, ad un dollaro a persona; servizio comodo ed efficiente. Diventiamo amici di Dani, che con il suo Perla Negra, ad un solo cenno sul canale 14 ci viene a prelevare ad ogni ora del giorno e della sera. Prestissimo a San Cristobal si diventa parte di un eco-sistema dove i normali schemi che regolano la vita di relazione si modificano in automatico, risvegliando gli istinti primordiali che albergano nel nostro DNA, rendendo la convivenza con gli animali un fatto assolutamente normale, per cui ci troviamo a cercare il granchio rosso della scogliera, l’iguana che solo apparentemente aggressivo passeggia ondeggiando la cresta, accelerando il passo mentre ci avviciniamo per una istantanea ricordo, mentre i piccoli leoni prendono il latte dalle mamme adagiate sugli scogli o sulla passerella del water taxi; il tutto in poche ore diventa normale, e infinitamente armonico.
Armonico è un termine che si addice a questo luogo, non me ne viene un altro più indovinato, è l’armonia che regola tempo e spazio qui al primo assaggio di Galapagos. Isole vulcaniche in costante attività, basaltiche, recenti (quasi 1 milione di anni fa, ed antiche, fino a 4 milioni di anni), ma mai ferme, nel senso che si spostano di 5 centimetri all’anno verso nord est. Prima o poi raggiungeranno il Sud America, ma sarà un’altra Terra. Note all’umanità per gli studi di Darwin, in realtà quando furono scoperte diventarono colonia penale, poi sede di deportazione di schiavi, e solo due ribellioni della popolazione verso i tiranni del tempo, furono l’origine della loro liberazione. L’ecosistema è unico, totalmente autonomo, talmente ricco di un mondo animale acquatico, terrestre e del cielo e vegetale che presto fu compreso, e fortunatamente salvato dalle avide mani e dagli interessi dell’umana specie, tanto da diventare un patrimonio unico del pianeta, protetto dall’ONU e gestito attualmente in modo eccellente dagli ecuadoregni. Una barca che arriva in queste acque deve sottostare a regole molto severe; far parte di una organizzazione come l’ARC aiuta la preparazione, tanto che l’ispezione che riceviamo la mattina al risveglio, temuta da molti navigatori, si rivela severa, ma alla fine facile. Salgono in 10 a bordo: guardia del parco, capitaneria di porto, ufficiale medico, ufficiale immigrazione, polizia locale e polizia doganale, sommozzatore a controllare la carena, ispettore per la autorità alimentare… e ne mancano due, perché alla fine perdi il senso. Controllano ogni dettaglio della barca, dalla gestione delle acque nere, ai sacchetti della spazzatura, rigorosamente verdi per l’umido, nero per l’indifferenziato e azzurro per la riciclabile. Decine di fogli da firmare, poi fine. Possiamo scendere a terra. Ci fanno firmare anche una dichiarazione di dove andremo ed in che date. Solo tre isole sono visitabili con la nostra barca, ma ne scegliamo due, San Cristobal e Santa Cruz, mentre andremo ad Isabela (la più recente geologicamente) con i loro transfer, anche per muovere un pò di economia locale.
Organizziamo le tre giornate che passeremo qui con due escursioni programmate, una in acque ad uno scoglio immenso per entrare nella casa delle tartarughe di mare, gli squali martello, le razze, ed una in terra al Junco, un cratere vulcanico ora lago naturale di acqua dolce, perenne, dove le fregate vanno a lavarsi il petto dal sale dell’acqua di mare perché non hanno le ghiandole sebacee che solitamente hanno altri uccelli, ed a bagnarsi il becco di acqua fresca e dolce. Le fregate sono di rara eleganza, sono come alianti, e non si fermano mai, soprattutto non possono fermarsi in acqua come le sule ad esempio, pena l’affondamento. Volteggiano numerose in una danza che potresti osservare per ore; il loro nome, stranamente simile in italiano e spagnolo, fregata, simboleggia il fatto che, incapaci di procacciarsi tutto il cibo necessario alla sopravvivenza, lo “fregano” ad altri uccelli, così come “fregano” la superficie dell’acqua. La natura ha dato loro anche la Miconia, una pianta endemica che fornisce i semi proteici per la loro sopravvivenza in una precisa fase della loro crescita, quando sono verdi, e l’acqua in un’altra, che si raccoglie come in una spugna, quando diventano secche ed assorbono la umidità delle nubi. Il bello è che le diverse fasi della crescita della Miconia coesistono come se non ci fossero stagioni, eccetto la fioritura, effetto che permette la distinzione delle diverse tipologie di diversi colori.
Oggi abbiamo visitato il centro per la sorveglianza e salvaguardia delle tartarughe di terra, quelle giganti, famose in tutte le Galapagos. Quelle di San Cristobal possono raggiungere i 150 anni di vita, i 150 kg di peso, mentre delle tre tipologie conosciute, le piccole, le medie e le grandi, qui sono solo le medie, riferite non tanto alla dimensione, ma alla capacità di procacciarsi il cibo allungando il collo. Le piccole possono brucare solo ciò che è a terra, le medie (quelle che abbiamo visto) possono scegliere se a terra o ad un metro da terra, allungando il collo per assaporare foglie poste in alto, e le grandi, quelle che vedremo a S. Cruz, che possono raggiungere i due metri! La natura le ha dotate quindi di un carapace particolare, aperto verso l’alto, a consentire l’estensione del collo. Oggi era giorno di alimentazione. Le cibano tre volte alla settimana, rispettando le nuove regole alimentari del futuro per garantire longevità, alternando alimentazione a digiuno, e ci fanno pensare, come gli equilibri naturali più arcaici possano contenere principi biologici ed immunologici sempre attuali.
Domani salperemo per S. Cruz per un’altro tuffo nella biodiversità e nella natura primitiva.
A presto da Ariel team