L’alba arrivò puntuale ad illuminare la costa del Peloponneso. Un sostenuto meltemi aggirava capo Matapan, piegava a est e poi a sud est, permettendo un lasco comodo e veloce. Navigavamo dalla costa Turca, diretti in Toscana, con Mistero Blu, un Hallberg Rassy 46, storica icona della navigazione oceanica del cantiere svedese.
Il vento non ci aveva mai abbandonato, e le previsioni meteo davano meltemi 9 beaufort per quella mattina, per cui arrivammo al Peloponneso presto, per sfruttare le correnti che, si sarebbero messe a favore. Nelle ultime 48 ore avevamo percorso 338 miglia, e prevedevamo di proseguire per la Sicilia, cercando di tenere quella pressione favorevole sulle vele il più possibile. Il bollettino greco preannunciava qualche temporale a nord del Peloponneso.
In realtà non diedi peso alle parole perché dotato di due grib meteo e di un colloquio confortante con il metereologo del servizio cui sono abbonato con cui ci confrontiamo per pianificare al meglio le traversate più lunghe. Il salto verso ovest per raggiungere la Sicilia può riservare a volte mare cattivo per il lungo fetch cui è sottoposto lo Ionio, con venti dominanti da nord o da sud. Nelle previsioni dei due giorni seguenti una alta pressione stabile in tirreno centrale permetteva l’instaurarsi del Meltemi alle Cicladi occidentali, mentre in adriatico soffiava già da qualche ora una bora decisamente forte. Per noi in rotta da Pilos a Messina, con prua NW, si prevedeva un flusso da sud est per 80 miglia circa, per poi piegare e cedere al maestrale; il giorno seguente avrebbe ruotato a WSW e per tutta la traversata avremmo incontrato mare molto formato, in progressivo, benché lento calo.
La decisione fu unanime.
Ci aspettavano una decina di ore al lasco, poi avremmo bolinato verso Malta, poi cambiando mure, avremmo recuperato latitudine per Catania o Messina. Questo il progetto al mattino.
L’osservazione del cielo non lasciava presagire nulla di preoccupante; benché ci saremmo aspettati una maggior limpidezza, dato il forte vento a dritta. Qualche addensamento si delineava lontano all’orizzonte, verso nord-ovest, che il radar confermava essere a 30 miglia. Se il vento ed il mare non ci preoccupavano, diversamente lo facevano i fulmini, da sempre incognita che può riservare sorprese spiacevoli per i danni irreversibili alle impiantistiche di bordo.
Il tempo trascorreva veloce, con una navigazione piacevole, sostenuti da 25 nodi reali da sud est, ma il cielo, sebbene sempre parzialmente sereno, in lontananza si faceva via via più scuro. Un altro groppo si materializzò sulla prua, verso nord ovest, lasciando uno spazio sempre più piccolo per passare senza incorrere in possibili forti fenomeni che accompagnano gli addensamenti repentini. Le basse pressioni, anche come fenomeni localizzati, presentano turbolenze violente con circolazione d’aria anticiclonica, per cui andrebbero lasciate a sinistra, per avere almeno venti favorevoli al giardinetto e non sulla prua. Purtroppo in questo caso avevamo temporali in rapido avvicendamento, sia sulla sinistra che sulla dritta, con impossibilità di modificare ulteriormente la rotta. Ad est la costa, con fenomeni elettrici sempre più violenti, ad ovest altri groppi si seguivano oscurando progressivamente il tramonto, ed a nord un preoccupante cielo piombo.
Procedemmo con la riduzione della velatura ammainando il genoa e la randa, lasciando un metro di stoffa, a simulare una randa di cappa. Accendemmo il motore e ci preparammo alla lotta; affidati alla potente propulsione della elica Gori con passo corto, spinta dai 110 cavalli del nostro Yanmar. L’equipaggio si preparava con cerate e salvagenti, con il divieto assoluto di abbandonare il sicuro pozzetto centrale, per chi avrebbe voluto assistere in diretta allo spettacolo che la natura ci stava riservando. Personalmente preferisco gestire l’imbarcazione in totale tranquillità dal carteggio, lasciando agli strumenti il compito di guidarmi, evitando uno stress fisico inutile, oltretutto con minore efficienza decisionale data l’oscurità e le condizioni di mare molto agitato. La navigazione strumentale invece conferisce sicurezza ed è pure affascinante una volta che si sono apprese le regole. Presa a prestito dalla navigazione aerea, sempre totalmente strumentale, oggi è riportata alle imbarcazioni da diporto, ma in realtà ancora poco conosciuta.
Ma intanto in quella vigorosa tempesta il mare rispondeva al vento sempre più violento ed incostante nella direzione per l’avvicendarsi di groppi molto intensi, che da molto mosso diventava sempre più agitato, con onde frangenti superiori ai 3 metri, tanto che in una occasione un potente frangente ci ha sollevato la poppa come fosse una tavola da surf per poi vedere la prua e tutta la tuga superata da un altro frangente che si è scaricato addosso al parabrezza frangiflutti, superandolo. La scena vista illuminata dai costanti fulmini (uno ogni 2/3 secondi) era da film horror. Muri d’acqua in un mare completamente bianco di schiuma, con vento fino a 50 nodi e pioggia torrenziale.
In pozzetto regnava un clima strano, senza agitazione, ma con controverse espressioni “umane”; Dario preso dalla bellezza della natura infuriata imprecava in realtà solo con la Nikon che deludeva nelle riprese, Marco che dimostrava di non avere poi tanto apprezzato l’insalatona del pranzo, Giuseppe che guardandomi si trovava a condividere con apparente serenità, suo malgrado, un momento che aveva tutte le carte in regola di essere davvero serio e Corrado che, terrorizzato dai fulmini, si capacitava che forse le barche vengono colpite molto raramente.
Ma dal carteggio dallo schermo del radar lo spettacolo era certamente meno inquietante e con i comandi riportati era agevole condurre l’imbarcazione guidato dagli strumenti.; l’impressione era comunque quella di essere in lavatrice durante l’operazione di centrifuga.
In una occasione, in un sol colpo, come uno schianto, un’onda poderosa si schiantava sulla fiancata di dritta, piegandoci in modo non consueto per una imbarcazione che solitamente ha il 15% di sbandamento, tanto da rovesciare tutti i libri della libreria.
Sono momenti strani, dove il tutto accade in un attimo, e ti capaciti solo a cose fatte. La calma è sempre la migliore virtù, e Lei con grande dignità si è scrollata le tonnellate d’acqua ed ha ripreso il suo cammino. L’uso del radar in mezzo a basse pressioni in rapida evoluzione è indispensabile. I groppi vengono letti come ostacoli e le finestre tra gli stessi, laddove la densità d’acqua si riduce a zero o quasi, consentono di mantenere la rotta più favorevole, per uscire dalla zona “densa”. Nella fattispecie la depressione misurava al radar 9 miglia in direzione nord – sud e 14 in direzione est-ovest e lasciava una debole finestra tra due cellule, a forma di “s”, che ha permesso di pianificare la fuga e di guadagnare l’uscita verso zone meno turbolente. Per coprire l’intero percorso abbiamo impiegato 5 ore, ad una velocità di 4,5/5 nodi, con venti violenti mai sotto i 35/40 nodi e punte fino a 50.
L’equipaggio ha risposto in modo maturo e consapevole, preferendo dopo l’emozione il riposo, ognuno cercando una sistemazione idonea, come fanno i calzini in lavatrice; il fatto che in una situazione così violenta mi chiedessero di riposare, mi ha regalato ulteriore grande tranquillità, unitamente ad un segno di grande fiducia nella barca e nella gestione della situazione non comune. Anche se il tempo sembrava fermo, ed i minuti ben più lunghi dei consueti 60 secondi, l’impressione dai movimenti della barca era di una riduzione del moto ondoso, ma i nodi segnati erano fissi a 35 anche se uno sguardo al cielo confermava che stava cambiando progressivamente condizione di luminosità, lasciando trasparire un velo dell’argentea luce lunare, particolarmente luminosa. Alle 4 del mattino il miracolo, a poppa comparve l’astro squarciando finalmente lo spesso strato nuvoloso che si stava progressivamente spostando a sud, permettendo finalmente di avere una percezione visiva del mare, con i fulmini ormai lontani. Quando il vento cessa rapidamente d’intensità il mare risponde proponendosi con un respiro meno rabbioso, ma fatto di onde lunghe e scomode, segno comunque di un progressivo ritorno alla calma. Durante le ultime ore prima dell’alba la navigazione si è fatta tranquilla riportando tutti in pozzetto a studiare l’atterraggio a Zante, per raggiungere alle primissime luci l’ormeggio nelle lacustri acque del porto di Zacinto a guadagnare l’agognato riposo in cuccetta, mentre i primi raggi del sole lasciavano presagire che sarebbe stata una nuova calda giornata di fine estate. Un grazie ai preziosi compagni di viaggio, Corrado, il mio secondo e Marco, Giuseppe e Dario alle prime esperienze di altura di un certo livello.
Per ore ci siamo scambiati impressioni sulla dura esperienza che ci ha insegnato soprattutto che la meteorologia è una scienza solo apparentemente esatta, e che va sempre interpretata non come valore assoluto di un tale elemento meteo, ma relativamente ad un piano molto più ampio, che deve considerare l’orografia locale in modo molto preciso, così come l’estensione dei fenomeni anche a lunga distanza.
In questo particolare caso infatti la presenza di una forte bora in adriatico, poi diventata mestrale nel canale di Otranto, unitamente al Meltemi nella parte occidentale dell’Egeo, avevano fortemente contribuito a “pressare” le une contro le altre, ampie aree umide, scatenando i fenomeni che abbiamo vissuto e descritto, ma questo solo ad eventi avvenuti. L’altra lezione che il mare insegna è retorica, ma sempre valida, prepararsi per tempo, mettere la barca nelle condizioni migliori per resistere, al resto ci pensa lei a riportarci a casa, e non dimentichiamo che non serve fare gli eroi, una barca seria sa come fare. Solo 24 ore dopo avremmo ripreso il mare con un maestrale prima generoso e poi in caduta regalandoci tante miglia di splendida vela. A quando la prossima avventura?
Paolo Casoni