10 marzo 2020 – martedì
Oceano Pacifico
Posizione 06°18′ sud 107°01′ ovest
cambio fuso, – 8 da Italia, – 7 da UTC
(ogni 15° di longitudine si cambia fuso orario, in meno da Greenwich se si va verso ovest, il contrario se si va verso est)
Miglia percorse dalle Galapagos 1060, mancanti a Hiva Oa (Marchesi) 1897
Un terzo del percorso l’abbiamo compiuto, in linea con i sacri testi, per trovare il trade wind da sud est siamo dovuti scendere di latitudine fino a passare la zona delimitata dalla ITCZ, oltre i 5° sud, una delimitazione non scritta, governata dalla natura, ma molto simile ad un portone in mezzo al mare, dove oltre hai vento disteso ed il cielo che cambia progressivamente colore, dal grigio intenso all’azzurro pallido, mentre il mare da confuso diventa più regolare, con una swell (onda dominante) da sud di 2 metri, ed un periodo di 12 secondi, con creste biancastre (le famose ochette) in direzione del vento dominante da sud sud est.
SI stabilizza intorno ai 20 nodi, e con vele bianche procediamo ad 8 nodi, più 1,5 nodi di corrente equatoriale, voliamo verso ovest procedendo di ben 211 miglia nelle 24 ore. Un occhio anche alla regata e scopriamo che abbiamo perso posizioni nella prima parte dove vento scarso e piogge persistenti ci hanno penalizzato, anche perchè abbiamo preferito non fare un uso incongruo del gasolio… la strada è lunga ancora. Ma Ariel sa il fatto suo e con il vento certamente sapremo recuperare lo svantaggio accumulato. Ad esempio l’altro ieri avevamo Saorsa (il HR53 come noi da Wellington) davanti di 4 miglia, mentre alle posizioni di oggi è 22 miglia dietro. Importante non mollare mai ed avere vento! La distanza che ci separa dall’Australia è ancora di 6.000 miglia, esattamente sovrapponibile a quella che abbiamo percorso da Las Palmas a qui, ma se calcoliamo la partenza da Punta ALa, siamo ben oltre la metà del nostro giro, che prevede sosta a Brisbane, in Australia, dove prevediamo di atterrare a fine luglio, poi vedremo come procedere.
La flotta della world Arc verrà lasciata libera in agosto per ripescarla nel nord dell’Australia, per procedere poi verso Lombock ed il SUd Africa, dove passeranno il Natale, per poi risalire l’atlantico fino a S. Lucia passando per S. Elena ed il Brasile, dove si prevede la fine del giro il Aprile del 2021. ALtri, come noi, si fermeranno in Australia forse un anno, per riagganciare evenentualmente la flotta della prossima World Arc nel 2021, oppure per fare rientro in europa mediante un Cargo Ship (navi che trasportano le barche dall’Australia al Mediterraneo). Altre invece faranno rotta per la Nuova Zelanda, dove passeranno in maggior sicurezza da elementi atmosferici violenti,un lungo periodo per poi risalire ancora verso le Fiji e la Nuova Caledonia e riagganciare la prossima World Arc, oppure… oppure come sto esplorando, di scendere verso Auckland ed aspettare il novembre dicembre del 2021 per organizzare un rientro via Capo Horn, nei 40 ruggenti, da Auckland a Ushuaia, 4500 miglia in un sol balzo di un mese e mezzo circa, per raggungere i canali cileni, lo stretto di Magellano ed il grande sud, in cuor nostro, comunque in progetto per i futuri anni di navigazione. Vedremo dove ci porterà il cuore.
Intanto finalmente la danza oceanica è ripresa, e con lei un ritmo dolce che ben conosciamo e che è la fonte inesauribile di forza, di pace e di serenità che l’attraversare un oceano regala al cuore. Dicevo in una antica pagina di diario, che l’oceano insegna e ti vuole perseverante, paziente, tenace, fino a snervarti, per poi ripagarti con un abbraccio liquido infinito, in una danza che ti restituisce energia ben superiore a quella spesa.Questa è la condizione che viviamo oggi, dove il cielo sta dissolvendo la coltre grigia della ITCZ per riprendere un colore azzurro, che restituisce al mare, da grigio piombo dei giorni scorsi, al blu cobalto di oggi, mentre pesci volanti saltano copiosi in coperta, entrano dagli oblò, tanto che uno è piombato ieri sera sul tavolo un attimo prima della cena, curioso esserino argenteo che abbiamo subito restituito all’oceano, troppo giovane per perdere la vita sul tavolo di una barca. I pasti a bordo sono sempre un momento sacro, da vera “taverna sull’oceano”, momenti aggreganti dove a nudo affrontiamo gli argomenti più disparati, mentre ogni tanto un occhio corre sugli strumenti per carpire velocità, rotta e condizioni del vento.
Ieri sera la Ceci si è sbizarrita con un menù delicato e light con pollo arrosto con cus cus con verdure, riso saltato e pomodori galapaguegni con cipolla, tutto innaffiato da un pinot grigio italiano ed un merlot tempranillo (equivalente spagnolo del bojoulais francese e del nostro novello) e per chiudere una ciambella allo yogurth, limone e zenzero, opera di Margherita, mentre una luna pazzesca, apparentemente pienissima, perforava l’ultimo velo di nubi, illuminando a giorno la superficie del mare, aiutata dal plancton fosforescente, acceso dalle turbolenze della carena di Ariel, mai stanca di cavalcare questo mare.
a domani dal Ariel